tratto da “I Diritti della scuola” maggio 2005
Qualunque insegnante abbia avuto modo di osservare in classe un alunno ipovedente si è reso conto della difficoltà di “quantificare” il residuo visivo e, quindi, il tipo di intervento da attuare. Sicuramente la diagnosi funzionale ci chiarirà la patologia e il visus residuo, ma la varietà dell’ipovisione e la complessità del residuo rendono difficoltosa la comprensione di questa disabilità. Infatti, l’alunno stesso ipovedente è in grado di recepire informazioni visive caratterizzate da combinazioni di: oggetti, colore, luminosità, contrasto, ecc. in modo discontinuo; è sufficiente il raggio di sole che una mattina “batte” sulla lavagna ed ecco che il nostro alunno ha difficoltà nel leggere il testo scritto dall’insegnante; o una mattina non riesce a leggere la fotocopia ingrandita del testo su cui la classe sta lavorando (sempre lo stesso tipo di ingrandimento!) perché è impercettibilmente più chiara a causa del toner quasi esaurito. Questi episodi non devono disorientarci, ma aiutarci a capire la molteplicità dei fattori in gioco. Domande del tipo: “come vede”, “quanto vede”, “cosa vede”, “quando vede”, trovano risposta solo dopo un attento periodo di osservazione da parte dell’insegnante.
Nella scuola primaria, come già nella scuola d’infanzia, l’intervento educativo nei confronti di un bambino non vedente deve mirare a renderlo consapevole dello spazio circostante, consentendogli una presa di contatto cosciente tra l’ambiente e se stesso. I bambini che vedono ricevono una quantità enorme di stimoli attraverso il canale visivo; per i bambini non vedenti ci si deve appellare ai sensi che danno il massimo della percezione fisica. È attraverso l’educazione motoria e sensoriale che il bambino privo della vista inizia la conoscenza di sé e la scoperta dell’ambiente circostante; questo contatto con la realtà gli consente di conoscere il mondo intorno a lui per un orientamento autonomo nell’ambiente e una ricostruzione immaginativa concreta di esso. L’orientamento dinamico, cioè lo spostamento in un ambiente precedentemente conosciuto, e l’orientamento statico, cioè l’orientamento immaginativo senza lo spostamento del corpo, sono procedimenti paralleli che si potenziano a vicenda e che portano ad arricchire la rappresentazione immaginativa del bambino. Mentre i rapporti topologici sono termini familiari nella vita quotidiana del bambino vedente (la merenda è sopra il tavolo - le scarpe sono davanti alla libreria ecc.), nel bambino disabile visivo sono concetti indispensabili per il suo sviluppo e per questo devono rivestire un ruolo primario nella sua educazione. A titolo puramente esemplificativo vengono elencate alcune attività che possono aiutare il bambino disabile visivo ad arricchire le sue conoscenze, ad esempio:
- proponiamo un oggetto e chiediamone l’identificazione attraverso l’esplorazione aptica (percezione delle forme attraverso il tatto e il movimento),
- invitiamo a riconoscere ed abbinare rumori e suoni uguali,
- domandiamo di localizzare la direzione e la distanza approssimativa della sorgente dei suoni sentiti,
- sollecitiamolo a cogliere la differenza fra odori sgradevoli e piacevoli,
- richiediamo di identificare la sostanza che emette un certo odore.
Per l’avviamento alla scrittura Braille è necessario che il bambino non vedente abbia acquisito:
- lo schema corporeo
- i concetti topologici
- la lateralità
- lo sviluppo senso-percettivo e immaginativo-motorio.
La segnografia Braille, sia che venga utilizzata la tavoletta con il punteruolo, sia la dattilobraille, richiede di identificare la posizione di “puntini” all’interno di un rettangolo di 3 mm per 6 mm . Quando il bambino sarà in grado di orientarsi bene nello spazio, e riconoscerà un puntino in alto a sinistra o i due in alto, allora sarà pronto per fare la conoscenza delle prime letterine! Il bambino non vedente utilizzerà, infatti, il metodo fonico, cioè partirà dalla percezione tattile e parcellare di ogni lettera per poi ricostruire la sillaba, la parola, la frase.
Per noi adulti è bene conoscere la “razionalità” del sistema Braille: infatti, data la prima serie “fondamentale” di 10 lettere (le prime 10 dell’alfabeto: a - j) è sufficiente:
- aggiungere un punto in basso a sinistra per la 1 a variante (k - t),
- aggiungere due punti in basso per la 2 a variante (u - ù),
- aggiungere un punto in basso a destra per la 3 a variante (â - w);
- spostare in basso la prima serie per la 4 a variante (, - “).
Al bambino non vedente verranno presentate inizialmente lettere “semplici”: le prime lettere potranno essere A, B, L (1, 2, 3 puntini solo a sinistra), poi verranno presentate la C e la G , lettere che coinvolgono anche la mano destra se si utilizza la dattilobraille. E ancora la P , la R e la V che sono originate dalla L, ormai ben nota, ma con l’aggiunta relativa di uno dei tre punti disponibili sul lato destro. Pian piano la E e la O , che ci permetteranno di formare altre sillabe e poi C, M, U, D, N, G, Q ; infine presenteremo le altre lettere e il resto della segnografia. È bene ricordare che la scrittura Braille segue il metodo fonico, successivamente fonico-sillabico: comprensibile quindi che le prime paroline bisillabe rappresenteranno per il bambino disabile visivo una grande difficoltà!!!
Nel bambino disabile visivo l’apprendimento della letto-scrittura Braille è più lento dell’apprendimento della scrittura “in nero” e richiede competenze ben più complesse.
Si deve anche sottolineare che il Braille occupa più spazio su una pagina e quindi bisognerà chiarire alla famiglia che questo non vuol dire che l’alunno non vedente abbia più compiti da svolgere.
I bambini ipovedenti, invece, potranno seguire il metodo (sia fonico-sillabico che globale) utilizzato per il resto della classe; infatti la scrittura, con penna o pennarello – nero o colorato a seconda del residuo visivo - potrà avvenire su appositi quaderni con righe e quadretti più larghi e con contorni più marcati. Questo tipo di quaderni sono disponibili presso i Centri di Consulenza Tiflodidattica presenti in diverse città.
Per la lettura, gli Enti locali, cui compete l’assistenza scolastica, forniscono:
- sia la trascrizione in Braille dei testi utilizzati dalla classe, nel caso di alunno non vedente,
- sia gli ingrandimenti dei testi scolastici, per gli alunni con residuo visivo; per il tipo e la grandezza del carattere adatto al tipo di visus e alla patologia del bambino, è consigliabile rivolgersi ai Centri già citati.
Esistono anche videoingranditori e telecamere ingrandenti, ma possono essere strumenti di difficile utilizzo nella scuola primaria.
Ma se nella letto-scrittura il bambino non vedente deve usare un codice “diverso”, nell’impiego di materiale informatico potrà servirsi di: - personal computer,
- tastiera, da utilizzare col metodo dattilografico assimilabile con l’aiuto di programmi gratuiti disponibili on-line,
- stampante.
Con l’aggiunta di un software di sintesi vocale e screen reader, una barra Braille e una stampante Braille, il non vedente è in grado di lavorare autonomamente sul PC svolgendo tutte le funzioni ed utilizzando tutti i tipi di programmi informatici disponibili (elaboratori di testi, fogli di calcolo, database, etc); è inoltre possibile rivedere e correggere il proprio elaborato ed aprire da solo i testi, compresi dizionari ed enciclopedie. La sintesi vocale è un programma che “sostituisce” il video: consente di esplorare in voce il contenuto dello schermo del computer: testo, finestre ed icone; la barra Braille , detta anche riga Braille o display Braille, è un dispositivo che consente di leggere con il tatto il testo che compare sul video, automaticamente convertito in codice Braille. Con la stampante Braille è possibile stampare qualunque file, riducendo così l’astrazione del testo elettronico, mentre la stampante comune consente ai compagni e agli insegnanti che non conoscono il Braille di condividere la produzione dell’alunno. Inoltre, dotandosi di un software testuale per la navigazione in Internet, magari compatibile con la scheda di sintesi vocale, anche l’accesso al grande WEB è immediato e totale.
È importante, quindi, fornire all’alunno minorato della vista uno strumento che consenta di essere “personalizzato”: in alcuni casi, infatti, è sufficiente adottare semplici accorgimenti di impostazione di video, in altri è necessario un ausilio specifico, anche ad alta tecnologia. È indiscutibile, comunque, che una soluzione adeguata al tipo di minorazione consenta all’alunno ipovedente di studiare, fare i compiti, accedere alle informazioni: in poche parole di essere sostenuto nelle sue fasi di crescita nei processi di autonomia, di integrazione, di apprendimento e di formazione .
Laura Aldrovandi
Docente specializzata in servizio presso
l’Istituto Statale “A.Romagnoli” di specializzazione per gli educatori dei minorati della vista
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